Lo spread: cos’è esattamente

di Jessica D’Amato

Economia e finanza | 

Negli ultimi giorni si è sentito sempre più spesso parlare di spread. Ma cos’è esattamente e perchè è così importante? Lo spread è un numero che segnala l’avvicinarsi o meno di una situazione di difficoltà dei conti pubblici.

Lo spread: cos’è esattamente

Si tratta di un termine inglese che significa “divario”, usato nel linguaggio politico o finanziario per indicare la differenza che intercorre tra il rendimento dei titoli di Stato italiani con scadenza a 10 anni e i corrispondenti titoli tedeschi (sempre con scadenza a 10 anni). Si prende come riferimento la scadenza a 10 anni perché è considerato un lasso di tempo più attendibile per misurare con più efficacia la percezione dei mercati sul rischio sui debiti dei due Paesi (se si prendessero titoli a breve scadenza il dato potrebbe essere maggiormente viziato da volatilità e fattori speculativi).

Il rendimento dei titoli di uno Stato viene essenzialmente percepito come la misura della sua stabilità, un rendimento basso identifica un paese in grado di ripagare facilmente i suoi debiti, mentre un rendimento elevato equivale ad una situazione di incertezza.

Lo spread è quindi un indicatore economico che indica lo stato di salute dell’economia di un Paese: il suo valore dovrebbe mantenersi basso, in quanto, i titoli tedeschi sono considerati stabili grazie alla solida economia della Germania.

Lo spread aumenta o diminuisce in funzione della fiducia che i risparmiatori hanno nel Paese che emette il debito circa la sua affidabilità e capacità di rimborso. Ovviamente le oscillazioni, che sono quotidiane, diventano allarmanti quando superano determinati valori.

Resta da capire perchè è così importante e come mai in relazione a determinati eventi lo spread oscilli così tanto. È un indicatore economico importante perchè ha un impatto notevole sulla vita quotidiana di ciascuno di noi. La prima conseguenza più importante dell’aumento dello spread è collegato alla crescita del debito pubblico: se uno Stato viene considerato poco affidabile, gli investitori saranno meno propensi ad acquistarne il debito e, per essere incoraggiati a farlo, vorranno un rendimento maggiore. L’aumento dei tassi di interesse fa sì che lo Stato sia costretto a spendere cifre maggiori per finanziare il suo debito, prevedendo di conseguenza un maggiore indebitamento. Se ciò si verifica, lo Stato potrebbe essere costretto a richiedere misure di politica di bilancio fortemente “restrittive” con riduzione della spesa pubblica e/o aumento della tassazione per riuscire a finanziare il suo debito. Lo spread, comunque, può oscillare in relazione a determinati eventi anche non strettamente economici.

Abbiamo potuto notare proprio in questi giorni come le questioni politiche e l’incertezza dei governi hanno influito in modo rilevante sul suo andamento. La crisi istituzionale, i dubbi fondati o meno sulla volontà del nuovo governo di uscire dall’euro, l’instabilità e la debolezza sono alla base del fenomeno del cosiddetto “flight to satefy” ovvero spostare i propri investimenti verso titoli più sicuri, vendendo quelli che in una situazione di difficoltà dei mercati potrebbero oscillare di più. In questo momento, in prima fila ci sono ovviamente i Titoli di Stato italiani.

È giusto questo allarmismo? Il contesto in cui ci troviamo ora è molti diverso da quello dell’ultima impennata dello spread, nel 2011. Erano gli anni successivi alla bolla dei mutui subprime e alla conseguente crisi finanziaria internazionale. Probabilmente se si guarda solo ai fondamentali dell’economia italiana l’allarmismo è ingiustificato, è meno ingiustificato se si analizza il funzionamento complessivo dei mercati. Quasi certamente, infatti, la prima regola dell’economia è quella della domanda e dell’offerta.

Se tutti vogliono qualcosa il prezzo sale, se nessuno la vuole il prezzo scende. Con il dominio della finanza sull’economia e della speculazione sulla finanza, sempre più spesso sono le aspettative o peggio ancora le voci a guidare i prezzi. Ad esempio, se in giro si dice che uno Stato va male allora tutti vogliono vendere i titoli di quello Stato e per la legge della domanda e dell’offerta il prezzo crolla, così iniziano i problemi e le aspettative si auto-realizzano. La speculazione si nutre di queste aspettative e soprattutto dell’instabilità dei prezzi.

Nel merito, se l’Italia è in una fase di instabilità lo spread sale; questo alimenta timori di un futuro peggioramento dei conti pubblici; alcuni investitori venderanno i titoli italiani, pertanto, aumenta l’offerta e cala la domanda dei titoli, per lo Stato italiano è più difficile collocare i titoli e quindi deve aumentare l’interesse offerto, incidendo proprio sullo spread.

Di seguito viene riportato, a titolo esemplificativo, il calcolo dello spread sulla base delle quotazioni del 05/11/2018:

  • Rendimento dei titoli tedeschi con scadenza a dieci anni: 0,43%;
  • Rendimento dei btp italiani, alla stessa scadenza: 3,316%;
  • Differenza (3,316%-0,43%)= 2,886%.

Nel gergo finanziario la differenza dei Btp italiani e quella dei Bund tedeschi viene espressa in punti base, pertanto, lo spread è pari a 288,60.

Diversa situazione, invece, si poteva osservare ad inizio anno dove la differenza tra gli stessi titoli era invece pari a 164 punti base, con un rendimento del titolo italiano a dieci anni del 2,10%.

Si osserva, pertanto, come da inizio anno il valore dello spread sia peggiorato comportando quindi, come prima conseguenza, un aumento della spesa per interessi da parte dello Stato italiano.

In conclusione, quindi, lo spread rappresenta un parametro di grande attualità, con il quale tutti, operatori finanziari e non, devono confrontarsi.

Jessica D’Amato
Ufficio Finanza, Banca Monte Pruno
jessica.damato@bccmontepruno.it