Gli strumenti di previdenza integrativa
di Francesco Ingino
Dall’introduzione del metodo contributivo nel sistema previdenziale italiano, nel 1996, l’adesione ad un fondo pensione è diventata fondamentale per sostenere il proprio reddito pensionistico. Se le passate generazioni hanno potuto lasciare il lavoro con congrui assegni previdenziali (in media l’80% dell’ultima retribuzione), oggi non è più così. Nonostante ciò continua la diffidenza verso le forme di previdenza complementare come emerge da un sondaggio Ipsos sul patrimonio delle famiglie italiane: sebbene l’Italia sia un Paese con un’alta propensione media al risparmio, sul futuro previdenziale le persone in media assumono un atteggiamento fatalista. Una non piena comprensione di queste forme di investimento potrebbe, in parte, spiegare questo fenomeno.
Gli strumenti di previdenza integrativa sono divisi in tre macrocategorie: fondi pensione negoziali, fondi pensione aperti e i Piani pensionistici individuali (Pip).
I fondi pensione negoziali sono istituiti dai rappresentanti dei lavoratori e datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale. Il fondo propone agli iscritti uno o più comparti di investimento caratterizzati da diverse combinazioni di strumenti finanziari e quindi di rischio-rendimento. La scelta del comparto può essere modificata trascorso almeno un anno – o dalla adesione o dalla successiva variazione – secondo le modalità stabilite del fondo pensione. I comparti sono classificati in:
1) azionari che investono principalmente in azioni;
2) bilanciati che in linea di massima investono in azioni e obbligazioni nella stessa percentuale;
3) obbligazionari che investono solo o in gran parte in obbligazioni;
4) garantiti che offrono una garanzia di restituzione del capitale versato.
Il fondo pensione negoziale non gestisce direttamente le risorse accumulate ma affida tale compito a operatori specializzati (banche, assicurazioni, società di gestione del risparmio) nel rispetto dei limiti e dei criteri fissati dai provvedimenti del Ministero dell’Economia e della politica di investimento fissata dal Consiglio di Amministrazione del fondo.
I fondi pensione aperti sono strumenti di previdenza integrativa costituiti da banche, assicurazioni o società di gestione del risparmio. Ci si può, dunque, iscrivere senza la necessità di appartenere ad una determinata categoria di lavoratori. Dopo due anni di adesione ad un fondo pensione, si può chiedere il trasferimento della posizione maturata presso altra forma complementare. Il lavoratore che aderisce su base individuale, al momento dell’adesione, sceglie quanto e quando versare i contributi e può decidere di versare anche il proprio TFR. Come per i negoziali, al momento dell’adesione, il fondo pensione aperto propone uno o più comparti di investimento con differenti profili di rischio-rendimento. Anche in questo caso la decisione del comparto può essere modificata trascorso almeno un anno dall’adesione o dalla successiva variazione.
L’adesione a un Piano individuale pensionistico (Pip) è volontaria, su base individuale ed indipendente dalla propria condizione lavorativa. Tali forme sono realizzate attraverso contratti di assicurazione sulla vita. In genere, la posizione individuale dell’aderente è agganciata ai risultati di gestioni separate di ramo I, fondi interni assicurativi oppure unit linked rientranti nel ramo III. L’attività del Pip è disciplinata dal regolamento; questo documento, insieme alle condizioni generali del contratto, definisce gli elementi identificativi del prodotto previdenziale, le caratteristiche e le modalità di adesione.
Francesco Ingino
Ufficio Contabilità, Bilancio e Segnalazioni, Banca Monte Pruno
francesco.ingino@bccmontepruno.it